A.bc
In Australia, sulle tracce di Chatwin 20 anni dopo Le Vie dei Canti Palazzo delle Esposizioni, Roma

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In Australia, in Chatwin's footsteps 20 years after The Songlines Palazzo Delle Esposizioni, Rome



 
Dopo i primi ritrovamenti di opali nell’area di Coober Pedy nel 1915, iniziarono gli insediamenti. I soldati reduci dalla Prima Guerra mondiale introdussero l’inusuale sistema di vivere in abitazioni scavate sottoterra, come molti avevano fatto nelle trincee al fronte. Circa il 50% dell’attuale popolazione di Coober Pedy vive in case sotterranee in condizioni relativamente fresche rispetto al caldo soffocante della superficie. Gino è di Esperia, provincia di Frosinone, e parla un italiano ancora buono. Ogni tanto, cinque-sei anni, ritorna. «Un tempo c’erano tanti italiani a Coober Pedy. Oggi ne sono rimasti sette o otto e sono tutti vecchi. Neppure escono. Sono arrivato qua nel 1965, prima ero sulle montagne di Sydney e a Canberra. Lavoravo nella costruzione di centrali elettriche, dighe. Una volta, in una mappa dell’Australia, in cui c’erano segnate le principali produzioni delle varie aree, ho visto che c’erano queste miniere e ho deciso di venire qui a provare. E così sono rimasto». Oggi ha 71 anni, nel 2005 per aver tagliato il traguardo di 25 anni di lavoro come minatore è entrato nella Hall of Fame della “città capitale mondiale dell’opale”: Coober Pedy, anglicizzazione dell’espressione aborigena kupa piti, “uomo bianco in un buco”. Ogni stanza del dugout di Gino ha una bandiera italiana. Su tutti i lampadari è inciso il suo nome e cognome


Gino nel suo campo di opale
 
After the first discovery of opal in Coober Pedy area in 1915, settlement began. Soldiers returning from the First World War introduced the unusual method of living underground in “dugout”, as many had done in the trenches at the front. Approximately 50% of the current population live in underground homes in relatively cool surroundings compared to the suffocating heat on surface. Gino comes from Esperia, near Frosinone, and his Italian is still good. He goes back home every five-six years. «There used to be many Italian people at Coober Pedy. Today only seven or eight remain and they are old. They don’t even go out. I came here in 1965, before that, I was on the mountains in Sydney and than in Canberra. I worked for building firms which built dams and power plants. Once, on a map of Australia which showed the different productions of the regions, I saw these mines and I decided to come here and try. And so I stayed». He is 71 today. In 2005 he entered the Hall of Fame of the “opal world capital” for his 25th year of job as a miner: Coober Pedy, an anglicization of the Aboriginal expression kupa piti, “white man in a hole”. Each room in Gino’s dugout has an Italian flag. He has had his name and surname carved on every chandelier


Gino in his opal field