A.bc
In Australia, sulle tracce di Chatwin 20 anni dopo Le Vie dei Canti Palazzo delle Esposizioni, Roma

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In Australia, in Chatwin's footsteps 20 years after The Songlines Palazzo Delle Esposizioni, Rome






 
Una trentina di km prima di Alice Springs la strada incrocia una linea immaginaria. In uno spiazzo a lato della highway c’è un serbatoio d’acqua non potabile e, più avanti, un piccolo monumento geografico. Un asse di ferro su una base di cemento sostiene un globo terrestre; alla base, una targa riporta laconicamente: Tropic of Capricorn, Latitude 23-442028, Longitude 133-833111. Nel giro di dieci minuti si fermano quattro macchine piene all’inverosimile, con dentro interi gruppi familiari aborigeni, nonni, nipoti, zii. Gli adulti riempiono bottiglie e taniche, i bambini corrono avanti e indietro. Ci si scambia un saluto e qualche parola. Per loro quella linea significa qualcosa? Una ragazza si fa avanti e dice di no, nulla. Nella cultura aborigena non esistono inverno, primavera, estate, autunno, ma due stagioni. La secca e l’umida, sostanzialmente, e poi una più complessa articolazione in cicli basata sui comportamenti di animali e piante. Per convenzione, il Tropico del Capricorno segna il confine tra la zona desertica e quella tropicale; in realtà per trovare tracce del vero tropico, bisogna viaggiare ancora a nord per quasi 800 km, fino a Newcastle Waters, dove arriva il monsone. Prima di risalire in macchina, un bambino di 5-6 anni - nero di pelle, quasi biondo di capelli - guarda curioso quello che gli sembra forse solo una palla per qualche gioco e se ne va scappando. Paralleli, terre incognite australi, antipodi. Torna alla mente Lewis Carroll e la sua Alice in viaggio verso il paese delle meraviglie: «Chissà se sto attraversando tutta la terra! Che numero sbucare fra quella folla di gente che cammina a testa in giù! Tantipodi, se non erro. Ma dovrò chiedergli il nome del paese, naturalmente. Scusi, signora, qui siamo in Nuova Zelanda o in Australia?»
 
Thirty km from Alice Springs, the road crosses an imaginary line. In a clearing at the side of the highway there is a reservoir of stagnant water and, further on, a small geographical monument. An iron axis on a base of concrete supporting a earth globe; at the base, a plaque laconically reads: Tropic of Capricorn, 23-442028 Latitude, Longitude 133-833111. In ten minutes four cars incredibly crammed with entire Aboriginal families, grandparents, grandchildren, uncles, stop there. The adults fill bottles and cans, the children run back and forth. We exchange greetings and a few words. Does that line mean something to them? A girl comes forward and says no, nothing. In Aboriginal culture there is no winter, spring, summer, autumn, but two seasons. The dry e the wet, basically, and then more complex articulation in cycles based on the behaviours of animals and plants. By convention, the Tropic of Capricorn marks the border between the desert and tropical areas; in fact to find traces of the true tropic, you must travel further north for nearly 800 km, up to Newcastle Waters, where the monsoon arrives. Before going back in the car, a child of 5-6 years – black-skinned, almost blond-haired - looks curiously at what seems perhaps just a ball for some game and runs away. Parallels, unknown Southern lands, antipodes. All this brings back to mind Lewis Carroll and Alice in her journey to Wonderland: «I wonder if I shall fall right through the earth! How funny it'll seem to come out among the people that walk with their headsupside down! The antipathies, I think. But I shall have to ask them what the name of the country is, you know. Please, Ma'am, is this New Zealand? Or Australia?»