A.bc |
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Basta
un Sorry? Sulla strada verso sud, l’aereo riporta ad Alice Springs
- la piccola metropoli nel deserto del Red Centre - in un giorno importante
per gli aborigeni. Un corteo multirazziale e multicolore, dove prevalgono
il nero, il giallo e il rosso della loro bandiera, attraversa la città,
sconvolgendone l’abituale placidità. Dietro la bandiera c’è
Shay, figlia di un bianco e di una nera, maestra all’asilo del Central
Australian Aboriginal Congress, un’organizzazione di assistenza
sociale e sanitaria. «Noi siamo forti e difenderemo sempre i nostri
diritti», dice appassionata, «e stiamo aspettando che i nuovi
governanti facciano per noi qualcosa di veramente diverso». Dopo
la vittoria alle elezioni dello scorso novembre, il nuovo governo australiano
guidato dal laburista Kevin Rudd aveva compiuto un gesto simbolico che
i first australians aspettavano e richiedevano da tempo, tanto da avere
celebrato per anni una giornata di mobilitazione dedicata al “Sorry”.
Rudd aveva chiesto solennemente “scusa” agli abitanti originari
del continente per le violenze e i soprusi di chi era venuto da fuori,
atto di riconciliazione che il precedente primo ministro conservatore,
John Howard, si era sempre rifiutato di compiere. Rudd ha comunque proseguito
nella politica di “intervento” del precedente governo federale
per combattere abusi e violenze nelle comunità del Northern Territory,
che le associazioni aborigene hanno bollato come “invasione”
che tende a fare degli aborigeni cittadini da isolare, normalizzare, reinserire.
Racconta Lisa, altra manifestante, che «qui si respira la Storia,
ci sono ancora persone che hanno visto per la prima volta l’uomo
bianco». Quella fatta dai bianchi è una piccola porzione
della storia australiana, una parentesi aperta. Che non si chiuderà.
C’è chi pensa che l’unica possibilità sia che
gli aborigeni si integrino nel sistema dominante. Altri che una cultura
che si è adattata per 40-50 mila anni possa riuscire a difendere
la propria identità. In mezzo c’è il grande dilemma
di chi cerca una strada per convivere, condividere, operare sintesi
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Is
‘Sorry’ enough? On our way southwards, our plane takes us
back to Alice Springs, the little metropolis in the desert of the Red
Centre - on an important day for Aboriginal people. A multiracial and
multicolour crowd, in which the black, yellow and red colours of the Aboriginal
flag prevail, marches through the streets interrupting the habitual calm
of the city. Shay, the daughter of a black man and a white woman, stands
behind the flag. She teaches at the nursery school of the Central Australian
Aboriginal Congress, a health and welfare organization. «We are
strong people and will always defend our rights», she passionately
says, «and we are waiting for the new government to do something
really different for us». After winning the elections last November,
the new Australian government led by the Labour leader Kevin Rudd had
made a symbolic gesture that the first Australians had been waiting for
and requiring for long. They had in fact organized a special day dedicated
to the “Sorry”, which had been celebrated for years. Rudd
had solemnly “apologized” to the Natives for the violence
and abuses committed by the white people. This was a gesture of reconciliation
that the previous conservative Prime Minister, John Howard, had always
refused to make. Rudd, anyway, has continued the policy of “intervention”
of the previous federal government to fight abuse and violence in the
Northern Territory communities. The Aboriginal associations consider this
policy an “invasion”, whose aim is to isolate, normalize and
reintegrate Aboriginal people into society. Lisa, another demonstrator,
tells us that «here you can experience history, there are still
people who have met the white man for the first time». The history
made up by the white people is only a small part of Australian history,
an open parenthesis. Which is not going to be closed. Some people think
that the only chance for the Aborigines is to integrate into the ruling
system. Others think that a culture which has been able to adapt for 40-50,000
years can be able to defend its own identity. In the middle of all this,
the big dilemma of those who look for a way to coexist, to share things,
to make a synthesis |
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