Australia, sulle tracce di Chatwin venti anni dopo Le Vie dei Canti
Palazzo Ducale, Genova

Australia, on Chatwin's footsteps twenty years after The Songlines
Palazzo Ducale, Genoa












 
Interno giorno di un negozio del centro di Darwin, ultimi scampoli di tempo prima della partenza, momenti per i souvenir. Tra magliette che riproducono i must dell’Australia Down Under e maschere della Papuasia o addirittura africane, su una vetrinetta accanto alla cassa spunta una serie di palle di vetro con la neve dentro. Made in China, come cinesi sono le commesse, tanto per ribadire che si è sulla frontiera australo-asiatica. Solo che al posto di San Pietro o della Tour Eiffel c’è un canguro o un aborigeno in costume rosso e uno scudo in mano. Gli aborigeni sotto vetro, un’immagine emblematica. Da una parte, c’è un sistema complesso di norme che li protegge ma allo stesso tempo li ghettizza, che registra progressivi aggiornamenti (in vista delle prossime elezioni di novembre il governo Howard, storicamente insensibile alla questione indigena, ha improvvisamente proposto di inserirli come “i primi australiani” nel preambolo della Costituzione). Dall’altra, gli aborigeni rappresentano una risorsa turistica, come i canguri o Uluru Ayer’s Rock, da valorizzare, sfruttare, vendere. Per Chatwin erano un richiamo culturale. Le loro piste del sogno, la loro Tjuringa, i cammini percorsi dagli esseri ancestrali, il rapporto con la terra continuamente nutrito da rituali e viaggi, per rafforzare l’identità e trasmettere energia a una terra che deve restare viva, tutto questo è entrato a far parte de “Le Vie dei Canti”. E, seppure con qualche forzatura - dovuta alla necessità di adattare la materia alla sua teoria sul nomadismo - ha prodotto una narrazione potente, felice, densa. Chatwin ha dato forza e voce a quei sogni, specchiandovisi dentro. Nomade di fronte a (un tempo) nomadi
 

Darwin, souvenir time. Among T-shirts that reproduce the must of Australia Down Under and masks of Papua or even African, in a showcase a series of snow globes. Made in China, just like the shop assistants, as a confirmation that we are on the border with Asia. But instead of Mickey Mouse or the Tour Eiffel there is an Aboriginal dressed in red with a shield. Aboriginal people under glass, emblematic image. On the one hand, they are protected and, at the same time, marginalized by a complex system of laws. On the other, Aboriginal people represent a tourist resource, such as kangaroos or Ayer’s Rock, to develop, exploit, sell. For Chatwin they were a cultural call. Their dream tracks, their Tjuringa, the paths travelled by ancestral beings, the relationship with the earth continuously fed by rituals and travel, to strengthen the identity and transmit energy to a land that must remain alive, all this has come to be part of The Songlines. And, although with some straining- due to the need to adapt the material to his theory on nomadism - has produced a powerful, happy, dense narrative. Chatwin gave strength and voice to those dreams, reflecting himself in them. Nomad facing (once) nomads