Australia,
sulle tracce di Chatwin venti anni dopo Le Vie dei Canti |
||||
|
||||
C’è
il cuore urbano con la sua vita da non luogo contemporaneo (grandi magazzini,
fast-food, banche, souvenir). E, intorno, chi preme ai margini della città.
A volte Alice Springs dà l’impressione di non avere periferia;
oltre il fiume secco, è subito bush. Altre volte sembra averne
molte, dalle town camp misere e dimesse ai quartieri residenziali di case
basse con giardini, garage e canestro. Una sera, a 200 metri da un grande
albergo, brilla qualcosa nel buio a lato del letto del fiume. Attorno
a un fuoco tre persone preparano la loro cena, un canguro cacciato qualche
ora prima. Dei 517 mila aborigeni (il 2,5% della popolazione australiana)
la maggioranza vive in aree urbane e circa il 30% in aree remote, con
indicatori sociali critici. Soprattutto nel Northern Territory dove un
terzo della popolazione è aborigena. La mortalità infantile
è dalle tre alle quattro volte superiore alla media nazionale.
La disoccupazione è il triplo di quella della popolazione non indigena.
Più di due aborigeni su tre non hanno un titolo di studio. Un detenuto
su cinque è aborigeno. Secondo alcuni dati il tasso di omicidi
di Alice Springs è 25 volte la media nazionale. Nelle comunità
lontane il tasso di natalità è tra le quattro e cinque volte
quello del paese. Tra dieci anni vi saranno molti più bambini aborigeni.
Sopravvivono, crescono. Hanno resistito a un tentativo di azzeramento,
hanno una sperimentata capacità di adattamento. All’ambiente,
agli eventi. Questa è la loro terra, da oltre 40 mila anni. “La
nostra terra è viva”, si legge in un manifesto, “la
nostra cultura è forte”. L’incrocio con la storia dei
bianchi è una parentesi di 200 anni. Per chi è venuto da
fuori è molto difficile capire, immaginare quanto sia complessa
la loro concezione e pratica di vita. Il nostro è solo un passaggio
nella notte Una vecchia carabina, una scatola di pallottole e un fuoristrada per spingersi nel bush. Al tramonto, momento migliore per andare a caccia di canguri e tacchini selvatici |
There
is the urban heart, with its ”non-place” contemporary life (department
stores, fast-food, banks, souvenir). And, around it, those who press against
the edge of the city. Sometimes Alice Springs gives the impression that
it has no suburbs; beyond the dry river, there is immediately the bush.
Other times it seems to have many, from poor and humble town camps to residential
neighborhoods with low houses with gardens, garages and basket. One evening,
200 metres from a five-star hotel, something shines on the dark side of
the riverbed. Around a fire, three people are cooking a kangaroo hunted
some hours before. Of the 517.000 Aboriginal people (2.5% of the Australian
population) the majority lives in urban areas and about 30% in remote areas,
with critical social statistics. Especially in the Northern Territory where
a third of the population is Aboriginal. Infant mortality is from three
to four times higher than the national average. Unemployment is three times
as much as non-indigenous population. More than two Aboriginal people in
three do not have a diploma. A prisoner in five is Aboriginal. According
to some data the rate of murders of Alice Springs is 25 times higher than
the national average. In remote communities the birth rate is between four
and five times that of the country. In ten years there will be many more
Aboriginal children. They survive, grow. They resisted an attempt of extermination,
they have an experimented capability of adaptation. To the environment,
to events. This has been their land for over 40 thousand years. “Our
land is alive”, you can read on a poster, “our culture is strong".
The crossing with the history of white people is a parenthesis of 200 years.
For those who come from abroad it is very difficult to understand, to imagine
how complex their view and experience of life is. Ours is only a passage
into the night An old rifle, a box of bullets and a jeep to go into the bush. At sunset, the best time to go hunting for kangaroos and wild turkeys |
|||