Orizzonti
di ghiaccio
Antartide
Ushuaia.
La nave lascia la città nella sera illuminata
dal sole alto dell'estate australe. Diretta verso sud,
l'estremo sud del mondo. Nella notte sfila accanto a
Capo Hom e al suo mito, abbandona la Terra del Fuoco
e affronta lo stretto di Drake, promessa di burrasche
leggendarie all'incrocio di Atlantico e Pacifico. In
realtà, i temuti "sessanta sibilanti"
di latitudine sud regalano due giorni di onde gonfie
ma non roboanti, tra cui naviga sicura l'Explorer, veterana
di infinite spedizioni nei mari freddi del sud del pianeta,
con il suo carico di cento turisti. Ai quali, superati
i mille chilometri del Drake, verrà comunque
consegnato il distintivo - molto americano, poco meritato
- di membri del club dei sopravvissuti a Capo Hom. A
bordo il tempo scorre tra passeggiate sui ponti a scrutare
il mare, riunioni preparatorie delle escursioni in acqua
e a terra, conferenze di esperti, il buffet del ristorante
e il letto in cabina. Al terzo giorno, finalmente, si
avvistano i primi biancori di iceberg piatti all'orizzonte;
e poi, i profili grigiastri di isole sempre più
vicine. Raggiunte le prime terre, l'Explorer rallenta
la corsa e avanza placidamente, attraverso canali e
baie, con l'acqua che pian piano si riempie di ghiaccio,
tra giardini di iceberg, gole anguste, guglie dolomitiche,
il pack che limita le acque navigabili da aggirare di
continuo. Ogni tanto si getta l'ancora, per consentire
ad una decina di possenti gommoni zodiac di scendere
in acqua e portar in giro, ciascuno, piccoli gruppi
di 8-10 persone fasciate in enormi parka impermeabili
rossi. A terra, nel dominio assoluto del bianco, sembrano
esseri un po' alieni che si accostano a smisurate colonie
di foche e pinguini, si arrampicano per osservare nidi
remoti di albatros o vagano tra resti di antiche stazioni
baleniere. È l'Antartide, l'ultima grande wilderness
sulla Terra. 14 milioni di chilometri quadrati, una
volta e mezzo l'Europa, ricoperti per il 98 per cento
da una calotta di ghiaccio con uno spessore medio di
2000 metri e punte di oltre quattromila. Il più
freddo, il più ventoso, il più secco,
il più alto, il più desertico, il più
inospitale, il più remoto, il meno abitato ed
esplorato di tutti i continenti. Se per chi si occupa
di Antartide è diventato quasi un cliché
elencare le caratteristiche che ne fanno un luogo unico
al mondo, soltanto quando navighi realmente tra i suoi
ghiacci, ne calpesti la terra e ti esponi ai suoi venti,
hai il senso compiuto della sua effettiva straordinarietà
...
Rapa
Nui il film è finito
Isola di Pasqua, Cile
A
volte il cinema, tra le più potenti macchine produttrici
di miti di oggi, ha il merito di spostare l'attenzione
su alcuni luoghi destinati per i più a restare
nell'ombra o imbalsamati nelle glorie del proprio passato.
È il caso del film "Rapa Nui", che in
questi mesi ha riportato alla ribalta uno dei luoghi più
particolari del mondo: l'Isola di Pasqua, Rapa Nui in
lingua polinesiana, la "grande roccia". Situata
nel mezzo della più vasta distesa d'acqua del pianeta,
il Pacifico, a grande distanza da ogni altra terra abitata
[Tahiti è a 4000 km, Pitcairn a 2000 km e il Cile,
paese a cui l'isola appartiene, a 3700 km] Pasqua è
stata giustamente definita "la isla mas isla del
mundo", l'isola più isola che ci sia. Fino
ad oggi Pasqua è stata il suo passato, identificata
completamente con il mito delle grandiose testimonianze
di una civilizzazione antica, sviluppatasi per circa quattordici
secoli [dal IV al XVIII secolo d.C.] senza contatti accertati
con l'esterno, ma in grado di elaborare tecniche sofisticate
per la costruzione e il trasporto delle gigantesche statue
di pietra vulcanica, i moai, divenute nel tempo il simbolo
inconfondibile di questa terra remota. Anche il film si
riferisce al passato, raccontando, in maniera molto romanzata,
le vicende di tre secoli fa, qualche decennio prima della
"scoperta" europea avvenuta nel giorno di Pasqua
del lontano 1722. Ma l'isola, con la sua piccola comunità
di tremila abitanti, ha anche un presente; e le riprese
del film hanno di certo rappresentato l'evento più
importante di questi ultimi anni. Prescelta come set naturale
del film. Pasqua ha infatti vissuto per sei mesi al ritmo
della troupe ...
Aspettando
la luna
Rajasthan, India
La
notte chiara è scesa sulla città sacra.
La luna splende oltre la Montagna del Serpente che si
eleva sulla vallata dove sorge Puskar con il suo lago.
È notte di plenilunio, la prima dopo la fine della
stagione dei monsoni e del raccolto, momento di passaggio
e di festa da celebrare. Migliaia di persone - arrivate
dalle pianure e dagli altipiani, dal deserto e dalle città
attorno - scivolano lungo le strade strette, qualche ora
prima dell'alba, nel buio, in silenzio. Incanalate da
rudimentali palizzate di legno, schiere di pellegrini,
mercanti, nomadi e mistici sciamano composte verso il
lago sacro, parlottando a bassa voce e salmodiando qualche
rituale, tra fruscii di vesti e passi, i visi delle donne
coperti dai veli, le teste degli uomini fasciate nei turbanti.
Man mano che si procede, il brusio e la ressa aumentano
di intensità, anche perché dalle stradine
laterali altra gente confluisce nel fiume di pellegrini.
Si affacciano i primi negozianti, si danno da fare i venditori
di offerte votive, si levano strazianti le richieste dei
mendicanti, storpi e dipinti di bianco, che affollano
il cammino. È complicato camminare, ma più
difficile sarebbe fermarsi, perché si è
ormai parte di un corpo unico che si sposta compatto attraverso
il dedalo di vie della città vecchia e che infine
giunge, in un montare di eccitazione e aspettativa, ai
ghat, i gradini che portano alle acque sacre del lago.
Lì, la visuale si apre di colpo. Non più
facciate di case a far da orizzonte, ma basse e rotonde
montagne che degradano dolcemente verso valle; e sotto
di esse le rive del piccolo lago circolare dal diametro
di qualche centinaio di metri, affollate da una moltitudine
immensa di pellegrini. Un candore inaspettato per questa
ora della notte domina il paesaggio, complici il plenilunio
e il bianco vivacissimo di ghat, palazzi e templi che
fanno da corona allo specchio d'acqua ...
Anime
di legno
Sulawesi, Indonesia
Visti così, sparsi per terra, smembrati, una gamba
attaccata al suo busto distesa sul cemento, una testa
dai lunghi capelli appoggiata sull'erba più in
là, perdono gran parte della loro sacralità;
proprio loro che, una volta concluso il complesso rituale
della sepoltura, rappresentano il simbolo più potente
del rapporto che lega i vivi al mondo dei morti. In compenso,
acquistano in umanità, sembrano potere comunicare,
voler rivolgersi a chi li osserva, per svelare o chiedere
qualcosa. Scrutano dritti davanti a sé, con quei
loro sguardi fissi e severi e allo stesso tempo luminosi
per i colori vivaci degli occhi e della pelle. Affermano
la loro presenza con tranquillità; appaio-no stoici,
come se avessero fatto il viaggio nei territori dell'aldilà
e fossero tornati temprati, consapevoli di quel che è
e deve essere, semplicemente. Sembrano pacificati, e anche
così, per terra, sotto la lieve pioggia che comincia
a scendere, conservano comunque la loro dignità.
"Li portano qui quando il tempo inizia a intaccarne
il corpo, soprattutto dopo un paio di abbondanti stagioni
delle piogge. Anche gli spiriti che vegliano sul mondo
hanno bisogno di tanto in tanto di qualcuno che si prenda
cura di loro; noi siamo pagati per farlo, ma lo facciamo
con piacere, con la stessa devozione dei figli per i vecchi
genitori malati", racconta Hamid, masticando lentamente
foglie di betel che gli colora bocca e denti di rosso
vermiglio ...
Attrazione
glaciale
Trentino, Italia
Sul
finire degli anni
Sessanta il presidente di una repubblica dell'Africa sub-sahariana,
in visita in Italia, venne portato a fare un giro sulle
Alpi. Giunto nei pressi dell'abbondante cascata d'acqua
che scaturiva dalla bocca di un ghiacciaio rimase così
colpito da soffermarvisi a lungo, quasi in contemplazione
davanti a quel fenomeno per lui inusuale. Di fronte alle
insistenze del cerimoniale spiegò che avrebbe desiderato
restare fino a che la massa d'acqua avesse cessato di
cadere, immaginando, lui vissuto da sempre in un paese
afflitto dalla siccità, che questo sarebbe accaduto
nel giro di qualche minuto. Gli venne fatto gentilmente
presente che l'acqua precipitava da quel ghiacciaio da
migliala di anni e che probabilmente avrebbe continuato
a farlo ancora per lo stesso tempo. Il presidente africano
non era abituato ai ghiacciai. E ancora oggi, se si escludono
gli addetti ai lavori, i ghiacciai - la loro vita, il
funzionamento, l'importanza - risultano pressocchè
sconosciuti ai più. Eppure, un tempo erano tra
i giganteschi signori del pianeta e si estendevano su
di un terzo delle terre emerse: all'incirca 50 milioni
di kmq, cinque volte la superficie dell'Europa. Buona
parte del territorio su cui viviamo reca evidenti i segni
della potente azione: si pensi, solo per quel che riguarda
l'Italia, alla conformazione di origine tipicamente glaciale
della Pianura Padana e dell'arco alpino ... |
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Testimonial
in cima all'Everest
Alpinismo
/ Esplorazione
(foto AA. VV.)
Da
pochi giorni è in libreria l'ultimo volume di Walter
Bonatti, "Montagne di una vita" (Baldini &
Castoldi). L'autore, figura mitica dell'alpinismo internazionale,
ripercorre le tappe più significative della sua
vita di scalatore: il Grand Capucin (1951), la spedizione
italiana sul K2 (1954), le solitarie al Dru (1955) e al
Cervino (1965), la Patagonia (1986) ... ...
... Sui temi sollevati da Walter Bonatti abbiamo interpellato
Reinhold
Messner. L'abbiamo trovato ancora in fase di recupero
dopo l'incidente di quest'estate che l'ha obbligato a
rimandare al '97 la traversata del Polo Nord ...
La
culla delle tartarughe
Costa Rica
Il
primo segno di presenza, dopo ore di ricerca, è
la traccia fresca e profonda del suo passaggio sulla sabbia.
Gli occhi, abituati all'oscurità, della notte senza
luna, ne seguono i contorni netti che dal mare puntano
verso terra e portano al suo rifugio, oltre la linea dell'alta
marea. Lì, sotto le mangrovie, una massa scura
si dibatte silenziosamente intenta a compiere la sua funzione
primaria. È tornata in queste acque per la stagione
degli amori, quando maschi e femmine si danno appuntamento
presso le spiagge dove verranno deposte le uova. Si è
accoppiata al largo, rimanendo qualche settimana davanti
alla costa per poi approdare sulla riva. Sa che quella
è la sua spiaggia, il luogo dove è nata
e dove, guidata da un codice di appartenza sbalorditivo,
ritorna da lunghe migrazioni in mari lontani per far nascere
i propri figli, che a loro volta lì torneranno,
in una catena generazionale che si riproduce da milioni
di anni. Delle otto specie di tartarughe marine conosciute
nel mondo, sei depongono le uova sulle spiagge del Costa
Rica affacciate sull'Oceano Pacifico e sul Mar del Caribe
...
La
prigione incantata
Myanmar
Il battello postale scivola lungo il fiume Irrawaddy,
inoltrandosi lentamente nel cuore della Birmania, in un
paesaggio dominato interamente dall'acqua. Il fiume, gonfio
per le pioggie portate dai monsoni, è così
largo da sembrare un lago in movimento. Le sue acque si
insinuano in profondità nei campi di riso della
grande pianura tutta intorno, creando un complesso sistema
di canali e lingue di terra, isole improvvise e villaggi
galleggianti. In lontananza, oltre le rive dilatate dell'Irrawaddy,
tra il verde intenso della vegetazione, compaiono qua
e là macchie bianche e candide insieme a qualche
riflesso d'oro: sono le pagode e i templi che si ergono
sulle colline e sui promontori delle coste.
L'arrivo del ferry è l'evento principale nella
vita quotidiana degli abitanti dei villaggi posti lungo
il fiume. Ad ogni fermata si ripete il rituale delle interminabili
operazioni di carico e scarico di persone e merci varie:
ananas, pezzi di motore, sacchi di farina, mobili, biciclette...
Il segreto
delle Seychelles
La Digue, Oceano Indiano
Nel
cuore equatoriale dell'Oceano Indiano, a metà strada
tra Madagascar e Maldive, c'è una piccola isola,
lunga cinque chilometri e larga tre, che è riuscita
a preservare una porzione della propria autenticità.
Si chiama La Digue e appartiene all'arcipelago centrale
delle Seychelle - destinazione mitica dell'immaginario
vacanziero dei nostri giorni - ma l'atmosfera che vi si
respira ha poco a che fare con quella delle isole più
conosciute e frequentate, come Mahè e Praslin,
mete lussuose e superbe di un turismo di élite
da dépliant. Tra la costellazione di isole che
fanno parte delle Seychelles (più di un centinaio,
di cui una trentina, uniche al mondo, di origine granitica
e il resto di tipo corallino), La Digue non è certamente
la più straordinaria. Vi sono altre isole che presentano,
sotto diversi aspetti, attrattive uniche. Come Aldabra,
ad esempio, il più grande atollo corallino del
mondo, disabitata riserva integrale che, oltre a infinite
specie di uccelli e pesci tropicali, ospita la maggiore
colonia esistente di tartarughe terrestri giganti ...
Cinque
secoli di conflitti
Nativi americani, Stati Uniti
È
lunga cinque secoli la storia dei rapporti tra i Nativi
d'America - gli indiani "pellerossa" - e i wasichu,
i colonizzatori bianchi venuti da est. Film e fumetti
ne hanno raccontato l'epopea della fase decisiva e più
cruenta, la conquista del West del XIX secolo, dandone
però rappresentazioni parziali e discutibili che
solo in anni recenti si sono fatte più aderenti
alla verità degli avvenimenti. Quella conquista
si è di certo conclusa e i Nativi sono stati sconfìtti.
Ma, anche se a loro riguardo si parla di vanishing-americans
(un popolo in via di estinzione, decimato, espropriato
della terra, emarginato dalla cultura dominante, assorbito
nel grande calderone dell'American way of life), essi
sono sopravvissuti. E il conflitto non si può dire
estinto se la "questione indiana" continua a
ripresentarsi periodicamente con i suoi problemi irrisolti.
Essa ha vissuto fasi alterne, seguendo le variazioni della
politica del governo federale statunitense, fluttuante
tra l'attenzione e il rispetto di roosveltiana e kennedyana
memoria e la negazione del "problema" da parte
delle amministrazioni repubblicane, da Eisenhower a Reagan
e Bush ...
Un
parco antimafia
Aspromonte, Italia
Nei
prossimi mesi la famiglia dei parchi italiani potrebbe
vedere una nuova nascita. Sembra ormai prossima, infatti,
l'istituzione di un parco nazionale nella zona più
meridionale della nostra penisola, in Aspromonte. Con
la creazione di questa nuova area protetta, che va ad
aggiungersi a quelle del Pollino, delle
Calabrie e della Sila, la Calabria diventerà, almeno
sulla carta, una delle regioni a più elevata percentuale
di territorio tutelato, capovolgendo per una volta l'immagine
di Cenerentola abituale delle graduatorie nazionali. Con
il parco dell'Aspromonte, la vita dell'intera zona si
potrebbe modificare progressivamente e la stessa identità
dei luoghi mutare significativamente. Oggi, l'Aspromonte
è una montagna dall'immagine controversa. Conosciuta,
anzi famosa, per fenomeni che in fondo hanno poco a che
fare con il suo ambiente naturale: sequestri di persona,
latitanti, 'ndrangheta. Sconosciuta quasi del tutto, invece,
nella sua effettiva dimensione naturale, oltre che storica
e culturale. Eppure l'Aspromonte è considerato
dagli addetti ai lavori "uno degli ultimi paradisi
naturali della penisola",
per la suggestione e la peculiarità delle sue forme
e dei suoi paesaggi: l'accidentato succedersi di monti,
contrafforti e valli; il solenne snodarsi verso il mare
delle grandi fiumare, completamente in secca d'estate,
torrentizie quando piove; l'imponenza delle gigantesche
terrazze dei Piani; la felice prossimità di cime
di quasi 2000 metri ai due mari che lo circondano ... |
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